La formazione continua nel 2010 e la crescita dei Fondi interprofessionali.

Il monitoraggio delle funzioni, delle attività e dell’impiego delle risorse da parte dei Fondi interprofessionali in Italia è costante. Il Rapporto 2010 sulla formazione continua, curato dall’Isfol per il Ministero del Lavoro, evidenzia la capacità del sistema dei Fondi interprofessionali di evolvere e di intervenire nella promozione della formazione continua, e mostra i sui notevoli punti di forza e le sue criticità.
L’analisi verte in primo luogo sull’utilizzo della formazione continua nella dura fase economica attuale e conferma la centralità dell’accesso ai percorsi di aggiornamento professionale, sia come misura preventiva che nell’ambito degli interventi anticrisi. I lavoratori occupati in aziende con almeno 10 addetti, che nel corso del 2009 hanno frequentato corsi di formazione organizzati dalle imprese di appartenenza, sono più di un terzo del totale (35,4%) e il tasso di partecipazione cresce secondo la dimensione d’impresa. Più della metà delle aziende ritiene che la formazione – in particolare la tecnica e manageriale più che quella di base – sia uno strumento adeguato per contrastare la crisi. Tuttavia “la quota di imprese che dichiara di aver realmente utilizzato le iniziative formative (interne o esterne) come misura di contrasto alla crisi è pari mediamente al 13%, anche se le evidenze variano moltissimo in relazione alla dimensione, al territorio e al settore”. Di fatto, la metà delle imprese con più di 250 addetti e un terzo circa delle imprese della classe dimensionale inferiore (50 – 249) hanno utilizzato la leva formativa.
Le motivazioni che hanno spinto le aziende riguardano la necessità di aggiornare le competenze, aumentare la competitività, introdurre nuove tecnologie, nuovi prodotti o nuovi servizi; tra le imprese del Sud la propensione verso formazione è diretta invece alla salvaguardia dei livelli occupazionali. Grandi imprese e multinazionali non solo aderiscono in modo massiccio alle opportunità offerte dai piani formativi finanziati dai Fondi interprofessionali, ma si avvalgono spesso di strutture formative interne. Le medie imprese, cuore del made in Italy e dell’economia territoriale, hanno puntato di più sulla riqualificazione del capitale umano ed i risultati dell’accesso alla formazione finanziata sono incoraggianti.
Stesso discorso non vale per le piccole imprese e le imprese artigiane, ma il 2010 segnala novità importanti, quantomeno al Nord. Nei contesti di rete territoriale, le piccole imprese stanno cercando di superare le loro difficoltà con un maggior ricorso alla formazione continua, sostenuto anche da strumenti mirati ( ad esempio voucher) messi a disposizione da alcuni Fondi, tra cui For.Te.
Dal Rapporto 2010 emergono altri dati di grande interesse. A una crescita complessiva dei Fondi corrispondono contenuti formativi che vanno migliorati. Appare evidente come la qualità e l’ efficacia degli interventi siano legate alla capacità delle imprese di leggere i fabbisogni professionali e formativi dei lavoratori e come questa sia da rafforzare ad ogni livello. I piani formativi riguardano ancora poco la mobilità interna, o la valutazione e il miglioramento delle condizioni personali di lavoro, necessari ad esempio per sostenere la permanenza degli addetti con maggiore anzianità. Tra il gennaio 2009 e il giugno 2010, i Fondi interprofessionali hanno approvato oltre 9.800 piani formativi, destinati a circa 1 milione e 288mila partecipanti appartenenti a più di 32.500 imprese.
Circa il 40% dei lavoratori è stato coinvolto in iniziative centrate sulla salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro, o riferite ad esse. Peso crescente ha avuto anche lo sviluppo delle abilità personali, che testimonia l’interesse delle imprese per la “formazione al ruolo”. Le lingue e l’informatica hanno minore rilevanza, mentre tendono ad aumentare le tematiche specialistiche, legate ai processi produttivi nei diversi settori.
E’ necessaria la più larga diffusione di una cultura comune che favorisca gli aspetti qualitativi della formazione. Non è un caso che i Fondi interprofessionali sostengano sforzi per migliorare l’informazione, l’accesso a strumenti differenziati, la consapevolezza che il piano formativo debba sempre più essere un “ abito su misura” ,tagliato sui fabbisogni di competenze del lavoratore e di competitività delle imprese, e verificato in termini di efficacia finale.
Importanti nella fase di uscita dalla crisi, i Fondi interprofessionali sono oggi chiamati a rafforzare la loro presenza settoriale e territoriale, fra le piccole imprese e nel Mezzogiorno. Il quadro delle adesioni per aree geografiche è variegato: la percentuale di imprese aderenti sul totale è bassa in Campania, ma anche nel Lazio ed in Liguria, mentre è alta in Lombardia, ma anche in Sardegna e Basilicata. Il divario non dipende solo dal grado di sviluppo, ma anche dall’attitudine alla partecipazione, dall’attenzione propria delle imprese, dal ruolo di promozione delle Parti sociali. I progressi registrati nel Mezzogiorno fanno in questo senso ben sperare.