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La formazione superiore e il lavoro dei laureati in Italia

10/07/2014

Il ministero del Lavoro pubblica periodicamente dati, analisi e statistiche sulla condizione giovanile in Italia. Emerge da essi come le nuove generazioni stiano pagando pesantemente i costi di una lunga stagione a crescita ridotta e declinante, che è in primo luogo conseguenza di investimenti inadeguati nei settori decisivi per l’incremento della loro occupazione e della loro partecipazione allo sviluppo dell’economia e della società.
I dati sono preoccupanti. La percentuale di laureati disoccupati in Italia è superiore al 12%. In Francia è del 4%, in Gran Bretagna del 2%, nella media dei paesi europei ad alta scolarizzazione è del 5%. Il fenomeno è indice di come non funzioni da noi il rapporto tra il sistema universitario ed il mercato del lavoro, ma anche di come l’impoverimento qualitativo del nostro sistema di imprese fa sì che queste richiedano meno laureati.
La più forte presenza di donne laureate non realizza l’effetto di una maggiore occupazione : l’Italia è il paese d’Europa dove le differenze di opportunità tra maschi e femmine restano alte anche tra i giovani. Il sottoinquadramento riguarda quasi il 40% dei giovani laureati o diplomati, dipende non tanto dai bassi livelli d’avvio dei percorsi professionali quanto dai ritardi delle imprese nei processi di innovazione. Siamo uno dei paesi con il minor numero di laureati d’Europa. Non per la nostra vocazione manifatturiera ( in Germania i laureati e diplomati sono molti di più che da noi) ma per l’arretramento del nostro tessuto produttivo, anche al Nord.
Questi dati sono stati confermati dal recente Rapporto sulla formazione superiore della Commissione Europea. Oltre a essere l’ultimo paese nell’Europa dei ventisette per percentuale di laureati e diplomati occupati, siamo anche uno dei paesi europei in cui è più basso l’investimento nell’alta formazione rispetto al PIL : 0,67% contro la media europea superiore allo 0,92%.
La crisi ha preso di mira soprattutto i giovani. Le contrazioni occupazionali hanno causato una flessione significativa dei giovani dipendenti, soprattutto al Sud. Nella ricerca di lavoro i giovani italiani ricorrono ai servizi specializzati solo nel 40% dei casi, contro il 90% dei colleghi tedeschi od inglesi. Difficile dare loro torto: appena l’8% di opportunità di impiego è venuto dai servizi, contro una media europea del 60% che si realizza con strutture pubbliche o private, e con interventi nel territorio capillari e robusti.

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