Intervista a Catia Bastioli, CEO Novamont S.p.A. e Presidente Kyoto Club

Qual è l’impatto che la Green Economy sta avendo sul mercato del lavoro in Europa?
La Green Economy ha ormai dimensioni globali ed i suoi effetti, anche sul mercato del lavoro, vanno ben al di là della sola Europa: la Conferenza sullo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, in programma i prossimi 20 – 22 giugno a Rio de Janeiro, avrà come primo punto all’ordine del giorno proprio l’economia verde: come transizione, che non sia solo miglioramento ambientale, ma nuovo paradigma che cerchi di alleviare minacce globali – come i cambiamenti climatici, la perdita di biodiversità, la desertificazione, l’esaurimento delle risorse naturali – e, al tempo stesso, di promuovere un benessere sociale ed economico. Già il Green Economy Report, pubblicato lo scorso anno dall’UNEP, il programma per l’ambiente delle Nazioni Unite, ha dimostrato come l’investimento del 2% del PIL globale nei settori dell’economia verde attiverebbe milioni di nuovi posti di lavoro favorendo, allo stesso tempo, la lotta alla povertà e ai cambiamenti climatici: non più profitto contro benessere, ma profitto dal benessere.
Secondo i dati forniti dalla Commissione europea sono più di 20 milioni i posti di lavoro legati all’economia verde nella Ue – un numero destinato ad aumentare, considerato l’impegno europeo per promuovere concretamente la Green Economy. Le priorità enunciate da Europa 2020 sottolineano la necessità di una crescita che sia intelligente, sostenibile, cioè più “verde” e più efficiente sotto il profilo delle risorse, ed inclusiva cioè ad alto tasso di occupazione. La Green Economy e l’occupazione (supportata, questa, da adeguate politiche di formazione per creare le competenze adatte ad un’economia low carbon) sono quindi due aspetti estremamente correlati e che si rafforzano a vicenda, delineando il quadro dell’economia di mercato sociale europea per il XXI secolo. Questo è confermato anche dagli studi più recenti: l’indagine del marzo 2012 di Eurobarometro, Le Pmi, efficienza nell’uso delle risorse e mercati verdi, indica che il 37% delle Pmi europee ha almeno un dipendente green a tempo pieno o part-time. La stima è che questo tipo di posti di lavoro nelle Pmi possa crescere in modo dinamico, a un tasso del 35% nel prossimo biennio.

Quali le politiche di questi anni che si stanno rivelando più efficaci per sostenere la Green Economy?
Gli strumenti di incentivazione delle fonti rinnovabili hanno permesso all’Italia di distinguersi come uno dei mercati del solare più dinamici al mondo, con un aumento complessivo del 38,4% negli investimenti in energia pulita. Negli ultimi cinque anni, nessun Paese del G-20 ha registrato tassi di crescita più alti di quelli dell’Italia, che oggi è leader nel mondo per i livelli degli investimenti, in proporzione alla sua economia, quarta nella classifica dei G-20 per gli investimenti nell’energia pulita, prima nel tasso di crescita degli investimenti su base quinquennale, prima nell’intensità degli investimenti e sesta nella capacità di energia rinnovabile installata per una quota di 28 GW.
Anche le detrazioni fiscali del 55% per interventi di razionalizzazione energetica sugli edifici, in vigore dal gennaio 2007, costituiscono un potente sistema di incentivi per promuovere l’efficienza energetica e lo sviluppo economico sostenibile nel sistema immobiliare italiano. I risultati sono andati ben al di là delle aspettative del legislatore. Sono circa un milione gli interventi realizzati, con investimenti per oltre 11 miliardi di euro.
Per le politiche industriali, il progetto Industria 2015 – avviato nel 2006 per rilanciare l’innovazione industriale puntando in particolare su efficienza energetica, made in italy, mobilità sostenibile – ha rappresentato un tentativo interessante. Esso tuttavia andrebbe meglio declinato con un’iniziativa Industria 2020 imperniata su politiche di sostegno alla ricerca ed alla innovazione finalizzate allo sviluppo della Green Economy nei principali settori manifatturieri.

In che modo, secondo lei, l’Italia può migliorare la sua capacità di dare valore concreto alle opportunità derivanti dalla Green Economy?
Muovendosi contemporaneamente su più fronti in un’ottica di efficienza delle risorse. E’ la strada da seguire in quanto consente all’economia di creare di più con meno, generando un valore più elevato con meno input, utilizzando le risorse in modo sostenibile e minimizzando il loro impatto ambientale. In primis con politiche industriali che vadano nel senso della riconversione in chiave innovativa e sostenibile dell’intero comparto industriale italiano, permettendo la transizione verso beni di alto valore aggiunto e a elevato contenuto di conoscenza, e creando le condizioni e gli asset per produzioni sostenibili e servizi innovativi a basso impatto organizzati intorno ad essi.
Un’altra leva importante è quella della fiscalità ecologica, che può contribuire anch’essa a orientare l’economia verso l’innovazione sostenibile, incentivando produzioni e consumi ambientalmente virtuosi e disincentivando quelli più inquinanti. Ancora: investire nella realizzazione di sistemi di mobilità sostenibile – ferrovie locali, tramvie e metropolitane, treni per i pendolari, autobus a basso impatto ambientale, sostegno alla ricerca ed alla innovazione dell’industria automobilistica, passaggio delle merci dalla gomma alla ferrovia ed al cabotaggio, trasporto fluviale.

In che modo Kyoto Club opera a sostegno della promozione in Italia del ruolo della Green Economy?
Kyoto Club è un’organizzazione non profit, creata nel febbraio 1999, costituita oggi da circa 240 imprese, enti, associazioni e amministrazioni locali, impegnati nel raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas-serra assunti con il Protocollo di Kyoto. Con la consapevolezza che i cambiamenti climatici possano offrire grandi opportunità, Kyoto Club promuove iniziative di sensibilizzazione, informazione e formazione per testimoniare come le politiche e le produzioni ambientalmente compatibili, l’efficienza energetica, le fonti energetiche rinnovabili e tutti i comparti riconducibili all’economia verde creino innovazione, nuova occupazione e una migliore qualità della nostra vita.
In qualità di interlocutore di decisori pubblici, italiani ed europei, Kyoto Club si impegna a stimolare proposte e politiche di intervento mirate e svolge la sua attività puntando su alcune strategie chiave: accrescere la cultura ambientale d’impresa e valorizzare le buone pratiche; promuovere politiche di ecoefficienza e utilizzo di fonti rinnovabili; definire strategie di riduzione di gas climalteranti nelle città italiane; sostenere lo sviluppo di nuovi prodotti ecocompatibili e l’impiego di tecnologie avanzate; diffondere sistemi di gestione ambientale e di etichettatura ecologica ed energetica; favorire il collegamento e il confronto tra istituzioni e sistema delle imprese.

Quali sono le iniziative e proposte avanzate dalla sua associazione per promuovere, per sensibilizzare e rafforzare in Italia gli investimenti a sostegno della Green Economy?
Possono essere lette nel dettaglio sul sito www.kyotovlub.org che viene aggiornato giornalmente. In una frase, vorremmo l’Italia protagonista contro i cambiamenti climatici: con una politica industriale che contribuisca a rilanciare la competitività delle imprese italiane con l’impiego di tecnologie e di processi ecoefficienti; con una nuova strategia energetica basata sull’efficienza energetica e le fonti rinnovabili, che sostenga gli obiettivi UE al 2020 e la Roadmap 2050 della Commissione europea: almeno il 50% dell’elettricità prodotta da fonti rinnovabili entro il 2030 e l’80% di riduzione delle emissioni di gas serra entro il 2050. Un Paese in cui la sfida dell’economia verde e della sostenibilità ambientale si giochi anche nelle città, grandi e piccole. Dalla mobilità sostenibile, dalle smart grid alle azioni per il clima, gran parte delle azioni da sviluppare per la sostenibilità ambientale hanno il loro epicentro nelle realtà urbane e nelle comunità locali.
Lo sviluppo stesso della Green Economy dipende non solo dalle politiche nazionali, ma anche dalla capacità dei sistemi economici locali di sostenere la ricerca, l’innovazione, gli investimenti. Per non parlare dell’economia verde, dell’ambiente, del turismo, dell’agricoltura di qualità e del riutilizzo di terreni marginali come straordinarie opportunità per lo sviluppo del Mezzogiorno. Insomma: il lavoro davvero non manca.