Produttività e ore lavorate

Torna ogni tanto il discorso sulla riduzione delle ferie e delle festività e sull’aumento delle ore effettive dedicate al lavoro. Le analisi sul tema dicono che, da un lato, gli occupati italiani godono di più ferie e vacanze della media europea, e che, dall’altro, non lavorano affatto meno. Il punto è che né il monte orario né la quantità del lavoro determinano la crescita . Gli italiani lavorano persino più dei tedeschi o dei norvegesi, eppure Germania e Norvegia hanno una crescita molto superiore. Il problema sta altrove e impone una riflessione più sul come che sul quanto si lavora. La produttività italiana fa leva sull’aumento del monte orario e della base occupazionale, non sull’innovazione e sul capitale umano. Nelle economie più avanzate i fattori della produttività si legano alla qualità e alla efficienza, non alla quantità o allo sfruttamento di impianti e lavoro. Secondo studi accreditati e comparazioni recenti, il nostro ritardo di produttività riguarda aspetti tra loro diversi, ma complementari: deficit nelle tecnologie informatiche e nel rapporto tra utilizzo dell’informatica ed organizzazione del lavoro; insufficienti standard di efficienza della pubblica amministrazione e delle micro e piccole imprese; leva fiscale e creditizia che non premia la crescita dimensionale delle imprese e gli investimenti per la competitività; poco ricorso alla formazione continua. Dai dati di Eurofond risulta come Italia e Grecia abbiano un monte orario settimanale più alto di Germania e Francia (38 ore l’Italia e 40 ore la Grecia, contro le 37 ore della Germania e le 35 della Francia). Se si considerano non le ore contrattuali ma quelle effettive (compresi straordinari, feste e ferie), si scopre che il dato italiano resta invariato, mentre aumenta per i lavoratori tedeschi a causa degli straordinari ( le festività in Germania sono maggiori alle nostre). La quantità del lavoro sembra quindi incidere sempre meno sulla produttività. Sono stati gli sforzi in innovazione ed efficienza che hanno migliorato la situazione francese e tedesca e hanno permesso alla Spagna di superare l’Italia, che intanto fa passi indietro. Dal 2001 al 2010 abbiamo infatti perso oltre 15 punti. L’andamento negativo si ripercuote sui salari. I sistemi economici che pagano i salari migliori sono quelli con maggiori margini di competitività e di profitto. Questo spiega perché i lavoratori tedeschi, che lavorano in media 1658 ore annue, abbiano salari quasi doppi rispetto a quelli italiani (42.400 euro contro 26.181 euro), che però lavora di più (1679 ore l’anno è la media italiana di ore lavorate). Il punto da affrontare è chiaro: non quanto ma come lavori.